Maddalena fa un lavoro difficile: lavora in un hospice, ovvero in una struttura che supporta i malati in stadi terminali, quando, cioè, non è più possibile combattere una malattia grave (come un cancro, con operazioni chirurgiche, chemioterapie o radioterapie) e l’unica cosa che si può fare è attenuarne gli effetti negativi, soprattutto in termine di dolore.
Le famose cure palliative, dunque, chiamate anche “terapia del dolore”: quelle cure che cercano di ottimizzare la qualità della vita e mitigare la sofferenza fisica degli stadi avanzati e finali di una malattia grave, attenuando il dolore attraverso medicinali come la morfina.
Quando l’abbiamo incontrata a Torino Spiritualità, Maddalena è arrivata da noi col sorriso e l’energia che mette anche nel suo lavoro. Nella sua storia ci parla di tre questioni per noi molto importanti:
se so di poter morire allora come voglio vivere?
quanto amici e familiari sono importanti in momenti tanto delicati come il cosiddetto “fine vita”?
quando cruciale è riuscire a dare spazio al dolore degli altri ma anche aver cura delle proprie emozioni?
Certe volte, come ci ricorda Maddalena, non c’è niente da dire, e l’unica cosa che possiamo fare è un gesto tanto semplice come un abbraccio.
Buona lettura
Natalia
La storia di Maddalena
COSA SUCCEDE NEL MIO LAVORO?
Ho avuto contatto quotidiano con la morte sul luogo di lavoro.
Al mio primo impiego professionale, da neolaureata, assistevo pazienti oncologici terminali a domicilio; in seguito, lavorando in ambito ospedaliero, lei si presentava costantemente. Ho accompagnato alla morte persone di tutte le fasce d’età, compresa la mia, anno dopo anno.
Ogni caso è a sé, sia riguardo la persona diretta all’evento, sia la persona esterna che la assiste e che vive l’evento senza poter intervenire: ogni esperienza è un vissuto unico, diversa dai precedenti a livello professionale, pratico, emotivo e di sostegno.
COSA HO IMPARATO
Ho imparato a riconoscere l’importanza e il valore del sostegno da prestare in momenti critici.
Ho imparato la necessità di saper dare senso alla propria esistenza: apprezzare il quotidiano, raggiungere gli obiettivi che portano benessere, realizzare nel possibile i desideri della propria vita, così da poter raggiungere uno stato di serenità e appagamento.
Spero che questi miei pensieri ti siano stati utili!
Un abbraccio,
Maddalena
Ps. Io sono Natalia Pazzaglia e sono la fondatrice di Lasae. Con me c’è Elena Viotto, che si prende cura del lavoro organizzativo e visuale (e delle grafiche di questa newsletter) e Andrea Martina Zenoni, che si occupa di Instagram. Con Lasae vogliamo fornire strumenti per attraversare la transizione che la perdita di una persona cara comporta.
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