Cosa mi ha aiutata? L'amore.
Quello degli zii, di un compagno ma anche di Caribou, il gatto di Alice.
Quando io e Elena abbiamo pensato a come raccontare le storie della community di Lasae abbiamo immaginato tre step: per ogni storia, il racconto di quello che è successo, delle cose imparate e di quello che è cambiato, dopo aver vissuto la perdita di una persona cara.
La storia di Alice racconta di quanto la morte ci insegna a guardare la vita, della nascita in una nipotina e di come un dramma ferisce ma poi porta volersi capire, a iniziare altri percorsi. Parla anche del rapporto conflittuale con la mamma, che si addolcisce di fronte alla malattia, dei muri che mettiamo quando non sappiamo parlare e del coraggio e dell’amore di tre uomini: di un papà che trova la forza, di un fratello che fa crescere la famiglia, di un compagno che crea un rifugio in mezzo alla tempesta. La relazione finirà ma quel rifugio Alice se lo ricorderà sempre.
Buona lettura
Natalia
La storia di Alice
Mia mamma Valentina lottava da anni contro un tumore. La prima battaglia è stata quando ero alle superiori: non le sono stata molto vicina, perché non capivo bene di cosa si trattasse e in casa non se ne parlava. Mamma vince quella battaglia.
Qualche anno dopo, un nuovo allarme. Io sono all’università e proprio negli anni in cui vivo lontana da casa, il rapporto con lei, conflittuale da tantissimo tempo, si evolve, si addolcisce, ci avviciniamo. Le visite in ospedale si fanno più frequenti, ma i miei genitori non vogliono far preoccupare troppo mio fratello e me. Un giorno torno a casa prima del previsto, avverto che qualcosa non va. Mio papà e mia zia mi dicono che mamma ha i mesi contati. Lo hanno appena saputo.
Da quel momento, una coltre di ghiaccio ricopre ogni membro della famiglia, che vive il proprio dramma senza condividerlo. Siamo disorientati, ci evitiamo. Giro per la casa con le cuffie nelle orecchie, ascoltando a tutto volume musica con cui la mia rabbia e disperazione sono in piena armonia. Mamma muore dopo nemmeno due mesi.
Cosa mi ha aiutato?
L’amore. Degli zii, ad esempio, e del ragazzo con cui stavo insieme da poco prima della perdita di mia mamma. Nel dramma, è stata la cosa più bella che mi potesse capitare: aveva creato un luogo protetto, in cui potevo manifestare e condividere le mie emozioni senza essere giudicata o respinta. Mi è stato a fianco senza provare paura di affrontare con me tutto quello che stava succedendo.
Vedere negli altri la vita che continuava, pulsava, generava altra vita. Guardavo la prima figlia di mio fratello esplorare il mondo ed ero curiosa di quello che vedeva. Quando ho saputo che stava arrivando la seconda ho provato una gioia immensa. E poi mio padre, la sua evoluzione, la forza con cui è riuscito a riprendersi e a costruirsi una nuova vita.
Il mio gatto Caribou. Aveva un che di speciale. Arrivato diversi anni dopo la perdita di mamma, mi ha accompagnato attraverso strade difficili, in cui ho passato molto tempo da sola o con persone sbagliate. Anche lui morto di tumore, poco prima dell’anniversario di mamma.
Cosa ho imparato?
Il gusto per la vita. La consapevolezza che la vita può scivolare via da un momento all’altro e la determinazione ad afferrarla, gustarla, abbracciarla, rincorrerla, nutrirla. Ma per arrivare ad avere questa forza, mi sono fatta molto male, anche fisico, mentre sprofondavo nel nulla.
La riconciliazione. Durante gli anni, in un percorso di conoscenza di me stessa, ho conosciuto meglio anche mia mamma, come madre e soprattutto come donna. Ho esplorato i vuoti che ha lasciato, nei cuori e nello spazio fisico. È come se avessimo dialogato, e poi fatto pace per tante incomprensioni avute.
La mia storia è una delle tante. Per molti anni mi sono sentita in difetto, diversa, perché già a 24 anni avevo un solo genitore. Ci ho messo tanto per capire che quel “già” non solo era sbagliato, ma aveva poco senso. Grazie a persone che hanno condiviso a loro volta con me i loro lutti o comunque traumi, ho ridimensionato me stessa. Oggi sono consapevole che ogni persona può portarsi dietro delle ferite inimmaginabili. Meglio essere gentili.
Io sono Alice Albertini e questa è la mia storia. Se vuoi, puoi contattarmi su LinkedIN.
Con affetto,
Alice
Ps. Io sono Natalia Pazzaglia e sono la fondatrice di Lasae: un progetto con cui vogliamo fornire strumenti per attraversare la transizione che la perdita di una persona cara comporta.
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